Tribunale di Milano, 16 dicembre 2016
Non si verifica la decadenza dal diritto di impugnazione del licenziamento, ex art. 32 l. 183/2010, se la domanda è stata proposta entro i termini, anche quando ciò sia avvenuto introducendo la causa con un rito errato e il ricorso sia stato ritenuto improponibile, e l’azione venga poi riproposta, pur oltre i termini, con il rito corretto.
Nel caso in esame la società convenuta eccepiva alla lavoratrice la decadenza dai termini, in quanto il ricorso ex art. 414 c.p.c. era stato depositato oltre i 180 giorni decorrenti dall’impugnazione stragiudiziale del licenziamento per giustificato motivo oggettivo. Il giudice rigetta l’eccezione, dando rilievo al fatto che la ricorrente aveva impedito la decadenza avendo proposto un precedente ricorso ex art. 1, comma 48 della L. 92/2012 (“rito fornero”): atto rilevante a tal fine anche se poi il ricorso era stato dichiarato inammissibile per motivi di rito. Nel merito, la sentenza accerta l’unicità del centro di imputazione del rapporto di lavoro, all’interno di un gruppo di società formalmente distinte ma che impiegavano i pripri dipendenti in una unitaria organizzazione, e dichiara illegittimo il licenziamento per violazione dell’obbligo di repêchage, che il datore di lavoro aveva verificato solo presso la formale datrice di lavoro.
La pronuncia si segnala anche per l’affermazione inedita, per cui il superamento della nozione di equivalenza delle mansioni nell’ambito della norma che disciplina lo ius variandi del datore di lavoro (art. 2013 c.c.) comporta un aggravamento dell’onere della prova del datore di lavoro sul ricollocamento del lavoratore destinatario del licenziamento, da svolgersi con riferimento anche alle altre mansioni riconducbili allo stesso livello e categoria legale di inquadramento.