Tribunale di Roma, 23 marzo 2016
In ipotesi di cessione di ramo d’azienda, è discriminatorio l’omesso trasferimento alle dipendenze della società cessionaria di una lavoratrice con handicap grave.
La fattispecie in esame riguarda una lavoratrice affetta da handicap grave, la quale viene dapprima collocata dal datore di lavoro in congedo, poi trasferita in altro reparto, poi ancora ritrasferita sulle mansioni originarie e nuovamente collocata in congedo; le viene infine intimato un licenziamento per gmo, in seguito revocato. A conclusione di questa complessa vicenda, la lavoratrice è risultata l’unica dipendente esclusa dalla procedura di cessione del ramo d’azienda svoltasi a favore di altra società. Il giudice – facendo applicazione del particolare regime probatorio consentiti dall’azione civile contro le discriminazioni (art. 28 d.lgs. 150/2011) – individua gli estremi di un comportamento discriminatorio del datore di lavoro, sia nel tentato licenziamento sia nel mancato trasferimento, poiché in entrambi i casi l’azienda non allega nessun elemento idoneo a giustificare la scelta della lavoratrice all’interno del complesso dei dipendenti. Ne consegue il risarcimento del danno imposto alla datrice di lavoro originaria (danno derivante dall’impedimento della prestazione) e la reintegrazione presso la società cessionaria (che si ritiene non potesse non essere al corrente dell’esclusione della ricorrente dalla procedura di vendita).