Vige una presunzione semplice di trasferimento di ramo di azienda tutte le volte in cui il personale dipendente dall’appaltatore cessato sia assunto dal nuovo aggiudicatario dell’appalto: la discontinuità deve essere provata dall’impresa cessionaria
Corte d’Appello di Roma, 17 gennaio 2025
La Corte d’Appello rimarca la distinzione tra la fattispecie di successione nell’appalto e le ipotesi di trasferimento di azienda di cui all’art. 2112 c.c., la cui disciplina si applica ogni qualvolta, rimanendo immutata l’organizzazione aziendale, vi sia la sostituzione della persona del titolare del rapporto di lavoro e il suo subentro nella gestione del complesso dei beni ai fini dell’esercizio dell’impresa, indipendentemente dallo strumento tecnico giuridico adottato e dalla sussistenza di un vincolo contrattuale diretto tra cedente e cessionario. Quanto alla configurabilità del ramo d’azienda, nei settori produttivi in cui l’attività si fonda essenzialmente sulla manodopera, anche un gruppo organizzato di lavoratori che assolva stabilmente a un’attività comune può costituire azienda o ramo di azienda, sempre che siano provati la specifica organizzazione e lo specifico know how posseduto dai prestatori d’opera, e che le loro attività siano idonee a tradursi in beni e servizi ben individuabili. Si configura quindi trasferimento di azienda quando il nuovo titolare dell’impresa non si limiti a proseguire l’attività stessa, ma riassuma anche una parte essenziale, in termini di numero e di competenza, del personale specificamente destinato dal predecessore a tali compiti. Rimane irrilevante, nel caso, il fatto che l’assunzione dei lavoratori addetti al servizio sia stata frazionata su più soggetti di un raggruppamento temporaneo di imprese, rimanendo unitaria l’attività svolta.