Questa voce è stata curata da Eugenio Polizzi
Scheda sintetica
Il rilievo delle visite medico fiscali, o di controllo della malattia del lavoratore dipendente, si iscrive nel sistema definito tradizionalmente dall’art. 2110 c.c. a mente del quale “In caso d’infortunio, di malattia, di gravidanza o di puerperio, se la legge o le norme corporative non stabiliscono forme equivalenti di previdenza o di assistenza, è dovuta al prestatore di lavoro la retribuzione o una indennità nella misura e per il tempo determinati dalle leggi speciali, dalle norme corporative , dagli usi o secondo equità”.
L’art. 5 della legge n. 300/70 (Statuto dei Lavoratori) ha a sua volta stabilito che le visite di controllo della malattia possono essere effettuate soltanto da soggetti di natura pubblica (attraverso i servizi ispettivi degli istituti previdenziali competenti, demandata alle ASL dalla legge istitutiva del servizio sanitario nazionale), così vietando l’utilizzo di medici privati, pagati dal datore di lavoro.
Questo sistema civile e garantista ha dato luogo tuttavia ad una serie di abusi negli anni immediatamente successivi alla introduzione dello Statuto dei Lavoratori, cui è stato ovviato con un provvedimento del 1983 (applicativo dell’accordo Governo-Sindacati del gennaio 1983, il DL 463/1983, convertito nella legge n. 638/1983), che ha disposto l’obbligo dell’infermo di permanenza al domicilio durante le c.d. fasce di reperibilità, sanzionando l’eventuale violazione di tale obbligo, con la perdita in tutto o in parte del trattamento di malattia, a prescindere dalla sussistenza della malattia e delle ulteriori conseguenze eventuali di carattere disciplinare, ad iniziativa queste ultime del datore di lavoro.
Problematiche relative all’applicazione dell’art. 5 del D.L. 463/1983
L’art. 5, comma 14 della L. n. 638/1983 di conversione del D.L. 463/1983 stabilisce che, qualora il lavoratore pubblico o privato risulti assente alla visita di controllo senza giustificato motivo, decade dal diritto a qualsiasi trattamento economico per l’intero periodo fino a dieci giorni e nella misura della metà per l’ulteriore periodo, esclusi quelli di ricovero ospedaliero o già accertati da precedenti visite di controllo.
L’obbligo di reperibilità è stato disciplinato con D.M. 8 gennaio 1985 che lo ha fissato nelle ore 10-12 del mattino e 17-19 del pomeriggio:
“Le visite di controllo domiciliari sono effettuate entro lo stesso giorno della richiesta ai sensi dell’art. 5, decimo comma, del decreto-legge 12 settembre 1983, n. 463, convertito, con modificazioni, nella legge 11 novembre 1983, n. 638.
Il medico di controllo sarà munito, a cura della unità sanitaria locale, di apposito documento di identificazione. Il medico che provvede al controllo dello stato di malattia del lavoratore conferma o meno l’esistenza di una malattia che produca incapacità al lavoro. Nel caso che ritenga esaurita la malattia, il medico di controllo invita il lavoratore a riprendere il lavoro per il primo giorno non festivo. Il medico di controllo, ove modifichi la prognosi, deve dare adeguata motivazione.
La visita medica domiciliare deve essere effettuata entro fasce orarie di reperibilità del lavoratore, fissate dalle ore 10 alle ore 12 e dalle ore 17 alle ore 19 di tutti i giorni, compresi i domenicali o festivi.
Per i controlli effettuati il sanitario è tenuto a redigere in tre esemplari, su apposito modulo fornito dall’Istituto nazionale della previdenza sociale, il relativo referto. Due esemplari vanno consegnati giornalmente alla unità sanitaria locale e il terzo al lavoratore.
L’esito delle visite di controllo è immediatamente portato a conoscenza dell’Istituto nazionale della previdenza sociale, a cura dell’unità sanitaria locale, anche nei casi in cui i controlli siano stati richiesti direttamente alla unità sanitaria locale dai datori di lavoro ai sensi dell’art. 5 della legge 20 maggio 1970, n. 300.
Nel caso che il lavoratore non venga reperito, presso il suo domicilio, il sanitario lascia l’invito per visita di controllo ambulatoriale per il giorno successivo non festivo.”
La norma dell’art. 5, comma 14 della Legge n. 638/1983, è stata interpretata nel senso che la prevista sanzione della perdita del trattamento economico di malattia, opera a prescindere dalla effettiva sussistenza della malattia, per la mera inosservanza dell’obbligo di assenza alla visita di controllo.
Sotto questo profilo si è dubitato della legittimità costituzionale della stessa, ma la Corte con sentenza n. 78 del 1988 ha sostanzialmente confermato il descritto sistema, solo richiedendo una seconda visita medica prima della decadenza dal diritto a qualsiasi trattamento economico di malattia nella misura della metà per l’ulteriore periodo successivo ai primi dieci giorni:
E’ costituzionalmente illegittimo l’art. 5, 14° comma, del D.L. 12 settembre 1983, n. 463, convertito con modificazioni nella legge 11 novembre 1983, n. 638, nella parte in cui non prevede una seconda visita medica di controllo prima della decadenza dal diritto a qualsiasi trattamento economico di malattia nella misura della metà per l’ulteriore periodo successivo ai primi dieci giorni.
La Corte ha osservato:
che l’onere della reperibilità alla visita medica di controllo, posto a carico del lavoratore, è estrinsecazione della doverosa cooperazione che egli deve prestare affinché siano realizzate le condizioni richieste per l’erogazione del trattamento di malattia e non contrasta con la natura pubblicistica del rapporto assicurativo, tanto più che essa può essere fornita con un minimo di diligenza e di disponibilità, atteso l’ambito molto limitato delle fasce orarie di reperibilità per cui non risulta nemmeno gravoso o vessatorio. Ed anche perchè al lavoratore è data la possibilità di giustificare la sua irreperibilità adducendo un motivo valido e serio sia nella fase amministrativa sia, eventualmente, nella successiva fase giudiziaria.
Pertanto, è riconosciuto legittimo un “onere” di reperibilità del lavoratore, la cui violazione comporta la perdita del trattamento economico di malattia.
Non si tratta di sanzione disciplinare inerente il rapporto di lavoro, e pertanto non si applicano le regole procedimentali di cui all’art. 7 Statuto dei Lavoratori. Peraltro, il provvedimento dell’INPS può essere contestato in sede amministrativa, e in sede giudiziaria.
L’assenza alla visita di controllo viene sanzionata solo in mancanza di giustificato motivo. Quanto ai caratteri di tale giustificato motivo, si è formata una interpretazione piuttosto restrittiva:
L’assenza alla visita di controllo, per non essere sanzionata dalla perdita del trattamento economico di malattia, può essere giustificata, oltre che dal caso di forza maggiore, da ogni situazione la quale, ancorché non insuperabile e nemmeno tale da determinare, ove non osservata, la lesione di beni primari, abbia reso indifferibile altrove la presenza personale dell’assicurato, come la concomitanza di visite mediche, prestazioni sanitarie o accertamenti specialistici, purché il lavoratore dimostri l’impossibilità di effettuare tali visite in orario diverso da quello corrispondente alla fasce orarie di reperibilità. Tale accertamento di fatto, rimesso al giudice del merito, è sindacabile dalla Corte di legittimità solo per violazione di legge o per illogicità e contraddittorietà della motivazione. (Nella specie la Corte ha ravvisato detti vizi nel capovolgimento della gerarchia dei valori protetti – insito nella motivazione della sentenza cassata secondo cui la lavoratrice avrebbe dovuto farsi seguire non dallo specialista prescelto, ma da uno qualsiasi prossimo alla propria abitazione -, nella omessa considerazione che la visita dal medico di fiducia era stata fissata fuori delle fasce orarie, nell’illogico addebito alla assistita del ritardo dovuto agli impegni del medico nonché nell’omesso esame delle circostanze concrete in ordine alla possibilità di fissazione della visita in modo da non interferire con le fasce).
Cass. civ., sez. Lavoro 23-11-2004, n. 22065 – Pres. Senese S – Rel. De Matteis A – P.M. Finocchi Ghersi R (Diff.) – Cherubini c. INPS
La perdita del diritto al trattamento di malattia non viene meno neppure in caso di conferma della malattia attraverso una successiva visita ambulatoriale:
In tema di assenza dal lavoro per malattia e di conseguente decadenza del lavoratore dal diritto al relativo trattamento economico per l’intero periodo dei primi dieci giorni di assenza per ingiustificata sottrazione alla visita di controllo domiciliare, ai sensi dell’art. 5, comma quattordicesimo, del d.l. 12 settembre 1983 n. 463 convertito in legge 11 novembre 1983 n. 638 (norma dichiarata parzialmente illegittima dalla Corte costituzionale con sentenza n. 78 del 1988), l’effettuazione da parte del lavoratore di una successiva visita ambulatoriale confermativa dello stato di malattia, ancorché avvenuta prima della scadenza di tale periodo, non vale ad escludere la perdita del diritto al trattamento economico ma ha la sola funzione di impedire la protrazione degli effetti della sanzione della decadenza per il periodo successivo ai suddetti primi dieci giorni, atteso che l’osservanza dell’onere posto a carico del lavoratore di rendersi reperibile presso la propria abitazione non ammette forme equivalenti di controllo; ne consegue che l’impossibilità per il lavoratore di effettuare tale visita (nella specie il giorno successivo a quello della sottrazione alla visita di controllo), a causa delle chiusura dell’ambulatorio della ASL, non impedisce la perdita del trattamento economico derivante dal mancato assolvimento di quell’onere. (Cassa con rinvio, App. Lecce, 22 Dicembre 2003)
Cass. civ., sez. Lavoro 28-01-2008, n. 1809 – Pres. SENESE Salvatore – Est. LAMORGESE Antonio – P.M. SEPE Ennio Attilio – B.T. c. I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE
Con due sentenze sull’argomento – la 1942/90 e la 4940/94 – la suprema corte ha tuttavia limitato gli obblighi di reperibilità, insegnando che tale obbligo di reperibilità nelle fasce stabilite vale fino a che il medico fiscale non abbia effettuato la propria visita ed accertato l’infermità, dopo di che stare a casa non è più obbligatorio:
A norma dell’art. 5, quattordicesimo comma, del D.L. 12 settembre 1983 n. 463 (convertito, con modifiche, dalla legge n. 638 del 1983), una volta accertato dalla visita del medico di controllo lo stato di malattia del lavoratore e formulato il relativo giudizio prognostico, non sussiste un obbligo del lavoratore di rispettare le fasce orarie di reperibilità ai fini di ulteriori accertamenti domiciliari in ordine al permanere delle condizioni patologiche – e va pertanto escluso che l’assenza del medesimo in sede di una successiva ispezione domiciliare possa comportare decadenza dall’indennità per il periodo di malattia già accertato – atteso il carattere eccezionale della limitazione della libertà di movimento imposta dal regime delle cosiddette fasce orarie di reperibilità e tenuto anche conto che la persistenza dell’obbligo anzidetto si tradurrebbe nella imposizione di un forzato riposo quotidiano non sempre compatibile con gli opportuni metodi di cura, quanto ai tempi ed ai luoghi della medesima.
Cass. civ., sez. Lavoro 10-03-1990, n. 1942 – Pres. CHIAVELLI A – Rel. MOLLICA F – P.M. LANNI S (CONF) – I.N.P.S. c. GAMBADORO (massima 2)
Il lavoratore deve poter disporre – così dice la Cassazione – del proprio diritto alla locomozione che eccezionalmente è limitato dalle fasce di reperibilità per consentire al medico di accertare l’infermità e pertanto, dopo tale accertamento, torna nella piena disponibilità della persona.
Diversamente si imporrebbe infatti un riposo quotidiano che potrebbe non essere necessario o addirittura essere incompatibile con le terapie prescritte per alcune malattie per le quali, anziché il riposo a casa, potrebbe essere necessario l’allontanamento dal luogo di residenza.
L’assenza alla visita di controllo costituisce di per sé anche violazione dei doveri di diligenza del lavoratore nei confronti del suo datore di lavoro, e può essere sanzionata perfino con il licenziamento.
In questo senso:
In tema di controlli sulle assenze per malattia dei lavoratori dipendenti, volti a contrastare il fenomeno dell’assenteismo e basati sull’introduzione di fasce orarie entro le quali devono essere operati dai servizi competenti accessi presso le abitazioni dei dipendenti assenti dal lavoro, ai sensi dell’art. 5, comma quattordicesimo, d.l. 12 settembre 1983 n. 496, convertito con modificazioni dalla legge n. 638 del 1983, la violazione da parte del lavoratore dell’obbligo di rendersi disponibile per l’espletamento della visita domiciliare di controllo entro tali fasce assume rilevanza di per sè, a prescindere dalla presenza o meno dello stato di malattia e può anche costituire giusta causa di licenziamento. (Rigetta, App. Bolzano, 26 Giugno 2006)
Cass. civ., sez. Lavoro 11-02-2008, n. 3226 – Pres. IANNIRUBERTO Giuseppe – Est. AMOROSO Giovanni – P.M. DESTRO Carlo – C.L.B.H. c. SYSTEM SERVICE S.R.L. ”’